martedì 23 aprile 2013

L'apprendista - Gordon Houghton

«Questo è il credo dei cadaveri:

Io non sono niente. Non ho niente da offrire. Non ho niente da dire. Mi definisco attraverso il silenzio, l'inattività, l'impossibilità. Frenerò ogni inutile atomo del mio essere finché non raggiungerò paralisi e sterilità permanenti. Non farò niente, non penserò niente, non crederò in niente; e spero di rimanere in questo stato.»

Non ricordo il motivo che mi ha spinta a scegliere di leggere di questo libro, ma non è importante: ne sono soddisfatta.

Certo, non è esattamente il genere che scelgo abitualmente, un noir un po' tendente al comico, ma è stata una lettura piacevole.
Siamo abituati, solitamente, ad avere il punto di vista sulla vita da parte dei vivi, o al massimo - nei racconti più surreali - da parte dei morti, ma raramente capita di conoscere la filosofia di vita di uno zombie, di un non-morto, come si definiscono i personaggi di questo libro.

Morte, Carestia, Guerra e Pestilenza - i famosi Quattro Cavalieri dell'Apocalisse - hanno, ciascuno, una caratterizzazione molto caricaturale (Carestia macilento, Pestilenza sempre coperto di bubboni dovuti alle malattie che sperimenta, Morte dal volto biancastro, Guerra rumoroso e violento) e sono alla ricerca dell'ennesimo apprendista per Morte: gli ultimi sei sono stati tutti "respinti" al termine della settimana di prova e sono dovuti tornare nella loro condizione precedente di cadavere.
Il protagonista è il settimo "apprendista in prova" e, nella settimana - mentre impara il mestiere di Morte (senza troppa passione nè interesse, per la verità) - ripercorre episodi salienti della sua vita, provando a dar loro un senso; in questo modo arriva a ricordare con precisione le circostanze della propria morte, giungendo così ad avere una visione a tutto tondo della propria esistenza passata.
Riscopre così la voglia di vivere, la forza per andare contro il credo dei cadaveri e l'energia per combattere pur di avere diritto ad una nuova esistenza, che non sarà certo una "vita" come la intendono i vivi ... ma che è pur sempre più interessante di un'eternità immobile, chiuso in una bara a messaggiare con i vicini di sepoltura nel linguaggio dei cadaveri, che assomiglia in modo sinistro all'alfabeto morse, sebbene sia molto più scarno.

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