mercoledì 13 febbraio 2013

Una moglie a Gerusalemme - Naomi Ragen

Ho iniziato questo libro avendo aspettative altissime, sia perchè leggendo la trama ero estremamente incuriosita, sia perchè è ambientato in parte a Gerulasemme, città che mi piace e che associo a ricordi molto belli.
Per tre quarti il libro risponde perfettamente alle mie aspettative: è ben scritto anche se l'uso di alcuni termini mi fa sospettare qualche imperfezione nella traduzione; è interessante vedere come si muovono le diverse figure femminili, più o meno impacciate dal proprio corpo e dal difficile rapporto con l'altro sesso (sia esso rappresentato dal padre, dal figlio grande, dal figlio piccolo, dall'innamorato o dal rabbino); l'importanza della religione nella vita dei protagonisti è ben delineata, così come il contrasto fra chi cerca di osservare al meglio i tanti dettami della propria religione e chi invece li disprezza; ma non solo: anche il contrasto fra chi cerca di vivere al meglio proprio grazie alla fede e chi, invece, fa del proprio credo una gabbia assolutista, che non solo non aiuta l'esistenza, ma anzi la limita e la rende qualcosa di assolutamente odioso e contrario ad ogni fede.

Ma poi l'autrice ... come si suol dire, si fa un enorme autogol, incastrando i personaggi in una situazione  talmente assurda che per tirarsene fuori dovrebbero rinnegare tutto quanto hanno dichiarato di credere nella prima parte.
Ero davvero curiosa di vedere come avrebbe liberato Bratsheva e David da quel ginepraio, ma non ero preparata alla faciloneria con cui risolve la situazione: in poche pagine tira fuori dal cilindro una soluzione degna del peggior romanzo rosa e un libro oggettivamente bello perde gran parte del suo fascino.
Peccato, perchè gli ultimi capitoli sono di nuovo belli e coinvolgenti, non fosse che servono ad attuare quella risoluzione che proprio non riesce a convincermi.

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